venerdì 22 gennaio 2010

Riconoscimenti e riconoscenze. Appunti dal Donna è Web 2009.


Che emozione, l'emozione. Al premio Donna è Web di Viareggio
dovevamo esserci tutte
, ma con Francesca in trasloco,
Michela in Spagna e Giorgia in malattia, si sono presentati Antonella e Antonio.
Ci siete mancate
, soprattutto sul palco.

La realizzazione del nostro sito, questo, è stata un'avventura,
come immagino sia per chiunque intraprenda un'impresa simile.
Entusiasmante, impegnativa, a tratti complicata, e molto formativa.
Non essendo un progetto commissionato, l'impegno è durato più di un anno,
in cui vari eventi hanno fatto da sfondo.
Su questo palcoscenico virtuale hanno fatto la loro comparsa
Cassandre e Crudelie, micro e macro “bug”, qualche cimice,
le solite cavallette, altri insetti e anche un gatto.
Nelle motivazioni della giuria è scritto che ne è stato apprezzato
lo stile e gli aspetti meno commerciali
,
come forse questa stessa sezione (la sezione blogk di www.matitegiovanotte.biz).
Di questa nota, io personalmente, vado particolarmente orgogliosa
perché nelle riunioni ho spesso sottolineato l'importanza di affiancare
la nostra esperienza professionale al nostro sguardo sulla quotidianità,
perché ritengo che sia ciò che ci rende più autentici e credibili.
Ma proprio per l'effetto, talvolta perverso dell'autenticità,
sapevo che non sarei stata la persona più adatta a ritirare il premio.
Dopo anni di convivenza con me stessa,
conosco i miei limiti e so che l'emozione mi annebbia.
Motivo per cui declino, inversamente al tempo che passa,
inviti a conferenze o pubblici dibattiti.
Se "il dietro le quinte" e i rapporti da uno-a-uno
fino a uno-a-cinque sono in mio terreno privilegiato,
quell'umana timidezza in pubblico si trasforma in pura goffaggine,
per quanto possa essere ridotto il palco, ristretta la platea e informale l'assemblea.
Michela, doppiamente profetica, prima della manifestazione,
da Barcellona mi ha scritto un messaggio: “Sarò lì sul palco con te”.
Beh, avrei tanto voluto passarle il microfono…

Perciò scrivo qui quello che avrei voluto dire ma che l'emozione ha soffocato.
Innanzitutto ringraziare Giorgia, Francesca, Michela e Marina,
per l'mpegno, la dedizione e per avermi assecondato laddove molti non l'avrebbero fatto. Ringraziare Michele, Angelo, Maurizio per il loro essere così geek
da aver capito tutto e per aver sostenuto il peso di una programmazione
difficile e camaleontica, Antonio e Luca (e forse anche Fabio e Fabrizio)
per aver sostenuto tutto il resto, e Gianluca per l'immancabile dedizione.

Poi vorrei scusarmi con tutti i nostri clienti, principalmente Seac,
Reebok, Cinti e Bata perché alla domanda: “Quali campagne avete realizzato
che possiamo avere visto?” (o giù di lì, non ero molto lucida), per aver risposto: Nike Italy.
Personalmente devo moltissimo a quest'azienda che ha creduto in me
quando ero una giovane creativa in erba, e a cui sarò eternamente riconoscente.
La "scuola" Nike, assieme alla "mia" Università del Progetto,
mi hanno regalato esperienze talmente formative ed entusiasmanti,
da aver segnato tutti gli anni a seguire (che ancora campo di rendita ;-).
Ma sfortunatamente, e per mille motivi, Nike Italy non rientra più
tra i nostri clienti attuali.
Avrei potuto dire che ci stiamo occupando della terza edizione
di una campagna Fitness Donna (tra l'altro più che in tema) per Reebok
con Rossella Brescia, oppure che abbiamo vinto diversi premi
con la recente campagna internazionale per Seac,
che con Cinti siamo stati su molte testate femminili
e con Bata nei negozi di tutt'Europa.
Non l'ho detto perché si vede che dovevo scriverlo.
Attività che non mi provoca annebbiamenti,
essendo quel ben più "confortevole dietro le quinte".
E forse solo qui andava scritto, essendo questo il vero destinatario del premio.

Grazie, Antonio, per la tua "fronte imperlata di sudore"
e il tuo essere la mia instancabile "guida nel buio".

Un pensiero va a sostegno delle altre 4 finaliste della nostra categoria;
competere con voi è stato un onore.

www.donnaeweb.it/2009/?p=590

A Bee
Blogk Soundtrack: Radiohead, Creep.

Il Naviglio Piccolo di Milano. Correre alla Martesana.

Per lavoro ci occupiamo di sport, per diletto lo pratichiamo.
E quando siamo a Milano, capita di correre al Naviglio della Martesana.
Un cuore naturale in un corpo di cemento,
un'oasi verde-acqua, densa di storia.

Il Naviglio della Martesana, detto anche Naviglio Piccolo,
vanta una data di nascita
, il 3 giugno 1443,
giorno in cui Filippo Maria Visconti dispone l'ambizioso progetto
di deviazione delle acque dell'Adda per realizzare un canale
utile all'irrigazione e all'alimentazione dei mulini ad acqua.

Il progetto si dice abbia visto anche l'intervento di Leonardo,
benché non esistano testimonianze dirette,
e diventa un piccolo cameo ne I Promessi Sposi
nel corso della fuga di Renzo da Milano.
Col tempo si è trasformato in canale navigabile
per l'accesso alla città e molti sono i personaggi illustri
che lo hanno utilizzato per i propri spostamenti,
dal Manzoni al Beccaria, dal Parini al Marchesi.
Oggi lambisce alti palazzi e ville antiche ed è lungo 38 chilometri.
Nel tratto extraurbano diventa un silenzioso e rilassante compagno di viaggio
per gite in bici fuori porta che, volendo, possono condurre fino a Trezzo.

Nel tratto urbano si circonda di un parco, di un mercatino, di abitazioni e uffici,
dello Zelig e di meravigliosa street art, facendo da colonna sonora (ad iPod spento)
al mio running milanese.
Unico neo: non finirò mai di stupirmi della quantità di escrementi lasciati
ad essiccare dai molti proprietari di cani della zona.
Molto tempo fa ho visto anche un pregevole esempio di Viral Marketing
con "bandierine" di insulti (per la verità molto ben curati ma, evidentemente, poco efficaci) applicate direttamente agli scarti digestivi degli amici a 4 zampe.
Sì, è piuttosto imbarazzante correre tenendo gli occhi incollati
al percorso anziché all'acqua che scorre accanto.
Ma, volendola vedere in positivo, è pur sempre un modo per variare
l'allenamento: dal running alla corsa ad ostacoli.
"A tutti quelli, che dal fondo della valle,
per dove continua il corso dell'Adda dopo la sua grande caduta,
alzano all'insù gli occhi a quello Naviglio,
fa maraviglia il vedere le barche a decorrere quasi sul ciglio de' colli,
tirate da cavalli su per quelle altissime arginature e sostegni,
i quali separano il canale dal fiume primario non navigabile in quel tratto.
L'opera è delle più azzardate che si veggano in ogni altro paese
o delle Fiandre o della Francia."

Giovanni Antonio Lecchi, XVIII secolo.

A Bee
Blogk Soundtrack: Franz Ferdinand, Katherine Kiss Me - da: Tonight

mercoledì 20 gennaio 2010

Comunicare è un'impresa.


La comunicazione non è autoreferenziale.
Se, x sua stessa definizione, si tratta di scambio, come può parlare solo di sé?
Sempre più si orienta all'ascolto mortificando l'imposizione,
come anticipa il video segnalato da un amico.

http://www.youtube.com/watch?v=fVXKI506w-E&feature=fvst

Non so perché ma associo il lavoro creativo
a qualcosa di liberatorio, allegro e positivo.
Espressione di individualità, non egocentrica, ma assolutamente corale.
Ed è ciò che qui cerchiamo di applicare ogni giorno. Eppure.

Mi capita di osservare intorno a noi, sotto casa come altrove,
una predisposizione contraria, autoreferenziale,
piena di aspirazione al contrasto anziché al dialogo – fondamentale
per chi si occupa di comunicazione – come a gonfiare un ego
che diversamente risulterebbe fragile.

L'era obamiana sta dando una grande lezione di fairplay,
oltre che di comunicazione, mandando in pensione i guerrafondai.
Le guerre costano e distolgono l'attenzione da cose più importanti.
Ne stiamo vedendo gli effetti sull'economia mondiale.
Nella conquista dell'energia altrui, certamente utile a tutti,
si perde però di vista la propria,
indebolendola e mandandola inevitabilmente in crisi.
Si cerca un pretesto per scatenare una guerra.
E si trova sempre, volendolo cercare.
Se ci siamo bevuti quello delle armi di distruzione di massa,
figuriamoci cosa possiamo trovare su territori più circoscritti.

Qui le guerre si traducono in scaramucce fondate su sentimenti immaturi,
non elaborati, e da un'incapacità al confronto diretto.
Chi alza la voce e gonfia il petto mi ricorda tanto chi è costretto
ad assumere Viagra per potenziare ciò che, altrimenti, risulterebbe piccolo piccolo.
Cominciamo bene! Volevo parlare di buona comunicazione,
e ne ho fatta una cattiva
, molto cattiva.
Enjoy the video and get ready.

A Bee

Blogk Soundtrack: Mia, Paper Planes - da: Slumdog Millionaire.