mercoledì 20 gennaio 2010

Comunicare è un'impresa.


La comunicazione non è autoreferenziale.
Se, x sua stessa definizione, si tratta di scambio, come può parlare solo di sé?
Sempre più si orienta all'ascolto mortificando l'imposizione,
come anticipa il video segnalato da un amico.

http://www.youtube.com/watch?v=fVXKI506w-E&feature=fvst

Non so perché ma associo il lavoro creativo
a qualcosa di liberatorio, allegro e positivo.
Espressione di individualità, non egocentrica, ma assolutamente corale.
Ed è ciò che qui cerchiamo di applicare ogni giorno. Eppure.

Mi capita di osservare intorno a noi, sotto casa come altrove,
una predisposizione contraria, autoreferenziale,
piena di aspirazione al contrasto anziché al dialogo – fondamentale
per chi si occupa di comunicazione – come a gonfiare un ego
che diversamente risulterebbe fragile.

L'era obamiana sta dando una grande lezione di fairplay,
oltre che di comunicazione, mandando in pensione i guerrafondai.
Le guerre costano e distolgono l'attenzione da cose più importanti.
Ne stiamo vedendo gli effetti sull'economia mondiale.
Nella conquista dell'energia altrui, certamente utile a tutti,
si perde però di vista la propria,
indebolendola e mandandola inevitabilmente in crisi.
Si cerca un pretesto per scatenare una guerra.
E si trova sempre, volendolo cercare.
Se ci siamo bevuti quello delle armi di distruzione di massa,
figuriamoci cosa possiamo trovare su territori più circoscritti.

Qui le guerre si traducono in scaramucce fondate su sentimenti immaturi,
non elaborati, e da un'incapacità al confronto diretto.
Chi alza la voce e gonfia il petto mi ricorda tanto chi è costretto
ad assumere Viagra per potenziare ciò che, altrimenti, risulterebbe piccolo piccolo.
Cominciamo bene! Volevo parlare di buona comunicazione,
e ne ho fatta una cattiva
, molto cattiva.
Enjoy the video and get ready.

A Bee

Blogk Soundtrack: Mia, Paper Planes - da: Slumdog Millionaire.

Nessun commento:

Posta un commento